Ultima Modifica il 2 Dicembre 2020

Al numero 15 di via Carlo De Cesare, la parallela di via Nardones, si scopre Palazzo Majorana, la dimora privata di Caffarelli, un famoso cantante lirico castrato.



L’edificio, si trova a pochi passi dal Teatro San Carlo si Napoli, viene costruito nel 1754 su progetto di Ferdinando Sanfelice uno dei più noti architetti dell’epoca

Grande narcisista, Caffarelli fece scrivere queste parole a sua gloria sul portale “Amphyon Thebas, Ego Domum” per sottolineare che, come Anfione con la sua musica aveva sollevato le mura di Tebe, Majorana eresse il suo palazzo col valore della sua voce.

Alcuni cronisti dell’epoca riferiscono che una mente maliziosa avrebbe appeso sotto tale iscrizione un cartello con la seguente scritta “ille cum, tu sine” (lui con, tu senza), alludendo a agli attributi maschili intatti di Amphion. Oggi non è rimasta traccia di quella battuta.

Gaetano Majorano

Conosciuto con il suo nome d’arte Caffarelli, da Domenico Caffaro, il suo mecenate. Fin da giovane dimostrò una grande inclinazione per la musica tanto da chiedere, è uno dei rari casi documentati, di essere castrato.

Come Farinelli, divenne l’allievo del maestro Nicola Porpora e debuttò a Roma nel 1724, in una parte femminile nella di Sarro, il suo successo fu rapido.

Cantò a Venezia, Torino, Milano e Firenze, fu poi in Inghilterra, in Austria, in Spagna e alla corte francese di Luigi XV. Nel 1734 assunse un incarico presso la cappella reale di Napoli, e nei vent’anni successivi si esibì spesso al Teatro di San Carlo.

Gaetano Majorano

Malgrado la sua grande bravura, Caffarelli pare fosse molto capriccioso, egocentrico e dispotico verso i colleghi. Furono probabilmente questi eccessi a stancare ed allontanare il pubblico italiano dalle figure dei castrati

Con l’ingente fortuna accumulata nella sua carriere poté acquistare il ducato di S. Donato, assumere il titolo di duca e costruirsi un palazzo – Palazzo Majorana.

Chi erano i Castrati

La pratica della castrazione nel mondo della musica serviva per conservare timbro ed estensione vocale del giovane cantante prima che venissero modificate con l’arrivo della pubertà. Il loro successo raggiunse l’apice tra XVII e il XVIII secolo, per tramontare nel XIX secolo.

Anche se il primo impiego dei castrati nella musica risale all’impero bizantino, i castrati ritornano in voga a partire dal XV secolo. La storia ci racconta che nel 1588 con Papa Sisto V, vieta alle donne di esibirsi in teatro sia per cantare che per recitare. Per la sostituzione delle figure femminili, molti giovani subirono alla vita da castrati.

Si trattava per lo più orfanelli o di figli di povera gente venduti dai genitori al clero o ad un maestro di canto. I genitori, infatti, preferivano che i propri figli fossero castrati con la speranza che potessero avere una vita migliore.

La tradizione vuole che Napoli sia stata una città fondamentale per questo genere di cantanti. Nella città borbonica esistevano ben quattro conservatori di musica: “I poveri di Gesù Cristo”, “La pietà dei turchini”, “Sant’Onofrio a porta Capuana” e “Santa Maria di Loreto”; istituti a scopo benefico dove i ‘musici’ furono accettati senza problemi.

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I più celebrati rappresentanti del bel canto italiano, come Ferri, Caffarelli, Farinelli e Senesino possedevano una voce angelica in un corpo adulto.