Ultima Modifica il 18 Aprile 2020

La scarpetta col cuzzetiello un’arte tutta napoletana per non lasciare nulla ma proprio nulla di non mangiato.

Un rituale da buongustai che permette di pulire con un pezzetto di pane – rigorosamente formato da crosta e mollica – ciò che resta del sugo di pomodoro o di ragù utilizzato per condire la pasta o anche un secondo corposo.

Fare la scarpetta, una parola che è entrata a pieno titolo a nel dizionario, tant’è che sul vocabolario Treccani si legge fare la scarpetta vuol dire “raccogliere il sugo rimasto nel piatto passandovi un pezzetto di pane infilzato nella forchetta, o più comunemente tenuto tra le dita”.

Tutti i partenopei sanno che la scarpetta non va messa in pratica durante cene sfarzose o eventi eleganti ma solo per quelle informali, in famiglia, tra amici, però con l’uso della forchetta. Ogni occasione ha le sue regole, è chiaro!



Per un napoletano DOC la parte migliore del pane per fare la scarpetta è il cuzzetiello (si pronuncia cuzztiell), una delle due fette alle estremità del filone di pane cafone, ideale per essere immersa nella pentola colma di ragù di carne dei giorni di festa.

Per un napoletano la presenza del pane a tavola è sacrosanta, non deve mai mancare. Può mancare l’acqua, tanto si rimedia con il vino, ma il pane no.

Perché si dice ”Fare la scarpetta”?

Differenti sono le origini del termine scarpetta – ce n’è una che chiama in causa una metafora come la scarpa striscia per terra e raccoglie ciò che trova, allo stesso modo si fa con il boccone di pane che raccoglie il sugo.

Un’altra ipotesi fà riferimento alla parola “scarsetta” (Povertà in dialetto). Difatti qualche tempo fa solo i poveri morti di fame ripulivano il piatto fino all’ultima goccia di sugo.

Altri invece la legano al pezzo di pane morbido che spinto con il dito per raccogliere il sugo somiglia a una scarpa con la gamba che esce fuori.

Quale sia la vera origine di questa gustosa usanza non la sapremo mai per certo ma, senza dubbio, fare a scarpetta rientra in quell’elenco di modi coloriti che caratterizzano un italiano a tavola.