Ultima Modifica il 15 Luglio 2021

In via Mezzocannone lo sguardo è attirato da un bassorilievo molto singolare raffigurante Colapesce, il leggendario nuotatore-marinario protagonista di una delle più misteriose leggende del Sud d’Italia.



La Curia dei Nobili del sedil di Porto, volle qui, dove un tempo era stata fondata una rada per le navi, un bassorilievo di Orione trovato durante gli scavi e ora trasferito in una regione più elegante della città, 1742.

A dire il vero l’epigrafe posta sotto il bassorilievo indica che il personaggio è il mitologico Orione, simbolo dell’antico Sedile di Porto. Il figlio di Nettuno è raffigurato come un uomo estremamente villoso ed armato di un lungo coltello.

L’originale, pare provenisse da un tempietto del porto della Napoli greco-romana, è conservato al Museo di San Martino.

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Colapesce, tra mito e leggenda

Nella tradizione napoletana il personaggio è legato ad un’antica leggenda diffusa nel Medio Evo in tutta l’Italia meridionale; ne esistono numerosissime varianti, tutte molto simili, ma con destini molto diversi tra loro.

La favola, tramandata sin dal XII secolo dai partenopei, parla di Niccolò Pesce, un giovane ragazzo napoletano che, maledetto dalla madre per le sue continue immersioni, un giorno divenne un uomo-pesce.

Colapesce, leggenda napoletana

Da allora Colapesce, mezzo uomo e mezzo pesce, si lasciava inghiottire da pesci più grandi per viaggiare nel loro corpo; una volta arrivato vicino ad una costa, tagliava il ventre del pesce con il suo pugnale e tornava sulla terraferma per brevi periodi.

Pare che un giorno, durante una delle sue nuotate, recuperò il bracciale di una nobile e bella signora che era scivolato in acqua; il gesto cavalleresco non fu però gradito ad una sirena amante dell’eroe.

Presa da un insano gesto di gelosia lo fece annegare durante una delle sue esibizioni. Da allora, quando il mare è in tempesta, il suo spirito appare nelle zone adiacenti al Sedile di Porto.

A Napoli il mito di Colapesce è legato alla setta romana dei Figli di Nettuno, sommozzatori che cercavano tesori perduti sotto il mare. Alcuni di loro indossavano una sorta di muta subacquea fatta con pelle di pesce.

Il mito narra che gli iniziati di questa confraternita fossero aiutati dalla Sirena Partenope che li dotava di poteri magici, grazie ai quali riuscivano ad avventurarsi negli abissi più profondi.