Ultima Modifica il 29 Novembre 2020

Non c’è alcun dubbio, i Monsù (o Monzu) rivoluzionarono l’antica arte della cucina napoletana, creando piatti che da secoli seducono ancora i nosti palati.



Chi erano i Monsù?

Durante il regno borbonico, dal 1734 al 1860, la cucina Francese ha avuto una grande influenza su quella partenopea. Si racconta che Maria Carolina d’Austria, sposa di Ferdinando I delle Due Sicilie, fece venire alcuni fra i migliori cuochi francesi per educare i colleghi nostrani ai gusti più in voga del tempo.

Il temine Monzù deriva dalla storpiatura dialettale del termine francese “Monsieur”(signore); titolo attribuito ai capocuochi delle case aristocratiche in Campania e in Sicilia.

Nasce cosi una nuova generazione di cuochi che seppe mixare i sapori e i profumi della cucina partenopea con la cucina francese più delicata. Crearono cosi numerosi piatti che, nei secoli successivi, sono entrati a far parte di diritto della tradizione napoletana.

Agli originari Monsù, rigorosamente francesi, seguirono grandi personaggi rigorosamente italiani. Due di loro vengono ancora oggi ricordati per i loro ricettari: Vincenzo Corrado con il suo Cuoco Galante del 1773 e Ippolito Cavalcanti con il suo trattato Cucina teorico-pratica del 1837.

La cucina dei Monzù

Sartu di riso Napoletano

Il grande balzo compiuto dalla cucina del sud Italia avvenne, quindi, durante il Regno delle Due Sicilie consacrando definitivamente la napoletana e la siciliana, fra le grandi cucine europee.

Derivano probabilmente dalle influenze francesi piatti tradizionali come il sartù di riso, il ragù (da ragout), il Gattò (o Gatò) di Patate, i crocchè (da croquettes), i supplì e i babà. Senza dimenticare il timballo, esternamente croccanti e ripieni di carne e formaggi.

La forchetta a 4 punte è nata a Napoli

Allo stesso periodo è collegata anche l’evoluzione della forchetta. fino al ‘700 la forchetta era un oggetto molto diverso da quello attuale. Era molto più lungo ed aveva due o tre rebbi (punte).

La storia narra che Gennaro Spadaccini, il ciambellano di Ferdinando IV di Borbone, nel 1770 ebbe l’intuizione di portare a quattro i rebbi ( le punte) della posata e le rese meno appuntite. L’intento era quello di rendere più agevole la presa dei fili  degli spaghetti e più sicure da avvicinare alla bocca.

Anche stavolta un bel primato per Napoli e per le sue menti geniali!