Ultima Modifica il 21 Gennaio 2024

Il 23 gennaio 1799 viene proclamata ufficialmente la Repubblica Napoletana. Una parentesi storica di Napoli durata pochi mesi, fino al 8 luglio dello stesso anno. Fu un azzardo e una lotta per la libertà dai soprusi, che costò la vita ai tanti patrioti che avevano creduto nel cambiamento.



La Repubblica Napoletana del 1799

Da non confondere con la Repubblica napoletana del 1647-1648 nata in seguito della rivolta di Masaniello.

Come è noto, a partire dal 1796, il giovane Napoleone Buonaparte invade e conquista gradualmente la gran parte dei territori degli Stati italiani preunitari. Nel febbraio del 1798 gli eserciti rivoluzionari invadono lo Stato Pontificio, provocando la fuga di Pio VI e instaurando la giacobina Repubblica Romana.

Il 20 gennaio i filofrancesi riescono con uno stratagemma a entrare nella fortezza di Castel Sant’Elmo e grazie all’appoggio delle truppe comandate dal generale Jean-Étienne Championnet. Il 23 gennaio viene proclamata la Repubblica Napoletana.

Per accattivarsi le simpatie popolariChampionnet finse addirittura di credere al miracolo di San Gennaro.

“Pure san Gennaro si è fatto giacobino! Ecco il commento del popolo. Ma può il popolo napoletano non essere quello che è san Gennaro? Dunque… Viva la Repubblica!” Questo scrisse donna Eleonora sul suo ‘Monitore Napolitano’.

Già dal 22 dicembre 1798 la Corte si era spostata a Palermo, e Ferdinando IV aveva lasciato Napoli in mano ad un consiglio di aristocratici e al Vicario regio Pignatelli.

Alla guida della neonata Repubblica Napoletana ci sono borghesi progressisti e aristocratici illuminati che cercano di intervenire sugli atavici problemi sociali del meridione.

La Costituzione, elaborata da Mario Pagano, ricalca il modello della Costituzione francese del 1793. Gli ideali della repubblica, però, non riescono a conquistare il popolo che vede nei Francesi gli invasori e i nemici della religione.

Palazzo Reale di Napoli

La conclusione fu terribilmente tragica. Il 13 giugno, con l’ultima battaglia al Ponte della Maddalena e l’ultima strenua resistenza del Forte di Vigliena, la città di Napoli viene riconquistata dall’armata sanfedista, comandata dal Cardinale Fabrizio Ruffo.

La parentesi della Repubblica partenopea termina ufficialmente l’8 luglio del 1799 con il ritorno di re Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina d’Asburgo-Lorena.

Il Regno di Napoli resta alla dinastia borbonica fino al 1806, quando le truppe Napoleoniche apriranno a Napoli una nuova “parentesi francese”.

I Martiri della Repubblica Napoletana

La repressione di Ferdinando IV fu spietata. Tra i condannati a morte vi furono alcuni tra i nomi più importanti della classe borghese e intellettuale di Napoli, provenienti da diverse province meridionali

Suscitò clamore la sorte riservata all’ammiraglio Francesco Caracciolo alla cui memoria è intitolata una delle strade più belle di Napoli.

Tra i nomi più importanti che andarono incontro a tale fine si ricordano soprattutto il giurista Mario Pagano, che redasse il testo della Costituzione. Pensatori radicali come Vincenzo Russo,giovani aristocratici come Gennaro Serra di Cassano e borghesi come il medico Domenico Cirillo o il giornalista Francesco Saverio Salfi.

Piazza Mercato Napoli

Eroina indiscussa di quest’orgoglioso momento storico della tradizione partenopea è sicuramente la letterata Eleonora Fonseca Pimentel, all’anagrafe Leonor da Fonseca Pimentel Chaves; fu la direttrice e redattrice del primo periodico napoletano Monitore Napoletano.

Non si conoscono bene i termini della sua conversione agli ideali repubblicani. Per i suoi meriti letterari, Eleonora ottenne l’accesso alla Corte di Ferdinando IV e Maria Carolina d’Austria e, nel 1785, il sussidio di bibliotecaria della regina.

Per la sua partecipazione alla Rivoluzione Paertenopea, la bella Eleonora venne condannata a morte per tradimento e impiccata, nella storica Piazza Mercato. Il racconto più coinvolgente che abbiamo di Eleonora Pimentel Fonseca è quello fatto da Enzo Striano nel romanzo “Il resto di niente” (del 1986 ).

Palazzo Serra di Cassano e la Repubblica Partenopea

Palazzo Serra di Cassano Napoli

In questo splendido palazzo sono nate le idee della Repubblica Napoletana del 1799. Proprio nel grande Salone degli Specchi di Palazzo Serra di Cassano, Eleonora Pimentel Fonseca, Gennaro Serra di Cassano, Mario Pagano, Domenico Cirillo e i numerosi patrioti repubblicani si incontravano per discutere il futuro di Napoli.

Il giovanissimo principe napoletano Gennaro Serra, figlio del duca Luigi Serra e della principessa Giulia Carafa, fu tra i difensori della repubblica napoletana. Insieme a Flaminio Scala, guidò gli ultimi patrioti alla resistenza contro l’armata sanfedista.

Anche Gennaro venne decapitato in piazza Mercato il 20 agosto del 1799. Si narra che, prima di morire, si sia rivolto al popolo con le seguenti parole. “Ho sempre lottato per il loro bene ed ora li vedo festeggiare la mia morte”.

Il padre di Gennaro ordinò la chiusura, in faccia al re e per mai più essere riaperto, l’ingresso principale della sua dimora a Monte di Dio; è quello rivolto verso la grande facciata di Palazzo Reale.

Ancora oggi per accedere all’aristocratica dimora,oggi sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici utilizza quello secondario, su via Monte di Dio.

Il Palazzo Serra di Cassano è, dal 1975, sede del prestigioso Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.

San Gennaro e la Repubblica partenopea

Dal 1799 al 1814 San Gennaro, viene sostituito da Sant’Antonio nella sua funzione di protettore della città. L’amatissimo patrono di Napoli venne, infatti, accusato di “giacobinismo” per aver compiuto il miracolo della liquefazione alla presenza dell’invasore francese. Leggi San Gennaro e il miracolo francese.